Se ne parla ancora troppo poco, ma il problema è reale e grave. L’estrazione massiva di sabbia è rischiosa per il benessere del Pianeta. Ecco quali sono le alternative
In molti ancora non lo sanno, ma l’estrazione massiva di sabbia dai nostri litorali sta facendo moltissimi danni al Pianeta, e se si continua così entro il 2100 le spiagge saranno solo un ricordo. La sabbia e la ghiaia sono le risorse naturali più utilizzate del mondo dopo l’acqua, anche più del gas e del petrolio, e il settore delle costruzioni è il principale consumatore di sabbia.
Perché si usa la sabbia marina nell’edilizia
La sabbia è alla base della produzione del calcestruzzo, elemento fondamentale per il settore delle costruzioni. La sabbia proveniente dal deserto, però, non è adeguata poiché non riesce ad aggregarsi con il cemento, quindi le estrazioni di sabbia si focalizzano sulle zone costiere.
A questa situazione si aggiunge l’aumento demografico e lo spostamento verso i centri urbani della maggior parte delle persone, di conseguenza la domanda di nuove strutture abitative. In questo modo si ha l’esigenza di sempre più sabbia che, però, non riesce a tenere il passo con il settore edile sempre più aggressivo. Un granello di sabbia, infatti, seguendo un ciclo naturale impiega dai 100 ai 1000 anni per essere trasportato dai corsi fluviali al mare.
A cosa andiamo in contro se si continua a estrarre sabbia a questo ritmo
Se si continua con questo ritmo a estrarre sabbia, senza trovare un’alternativa, le spiagge spariranno per sempre nel corso di questo secolo. La Cina, ad esempio, nel corso del 2016 e del 2017 è riuscita a impiegare più del cemento che gli Stati Uniti hanno usato durante tutto il ventesimo secolo.
Inoltre, la sparizione delle spiagge porterà conseguenze terribili all’agricoltura, poiché la mancanza di impermeabilizzazione dei terreni, data dalla sabbia, permetterà all’acqua salata di penetrare nel terreno, rendendolo inutilizzabile. Anche la vita di numerosissimi esseri viventi marini sarà messa a repentaglio, così come le infrastrutture litorali che potrebbero crollare, com’è successo per molti porti in Cina. Ancora, si creerebbe una massiccia crisi del turismo, settore importantissimo per molti paesi.
Esistono alternative alla sabbia?
Risolvere questo enorme problema non è cosa facile, ma si sta già lavorando a moltissime alternative per ovviare a questa emergenza. L’importante, comunque, è far sì che ci sia una presa di coscienza di massa, così che le politiche prendano più sul serio questo problema gravissimo.
Per fortuna, si sa già quali possono essere le alternative alla sabbia. Eccole:
- Calcestruzzo riciclato: il calcestruzzo riciclato si usa già come aggregato per la base delle strade. L’ANCE italiana ha anche proposto un miglior utilizzo degli scarti da costruzione.
- Vetro riciclato: il vetro riciclato sa essere forte come il calcestruzzo a base di sabbia e il suo utilizzo permette di ridurre le emissioni di CO2 del 18% e il risparmio del 14% sui costi di produzione. In pratica, il vetro viene frantumato e le parti più grandi vengono usate per il calcestruzzo, mentre le più piccole per produrre altro vetro.
- Argilla: è stato da poco brevettato un processo che rende l’argilla dura come il calcestruzzo, senza cottura. L’argilla è molto più economica del sistema corrente e riduce di molto le emissioni di CO2.
- Terra battuta: è possibile ritornare a edificare con terra battuta. Non a caso nelle regioni di Marche e Abruzzo esistono strutture in terra cruda in piedi da millenni.